03 ottobre 2006

Di quel

giorno non voglio dimenticare quella mano che mi serra il braccio. Lo stupore. E la rabbia. Perchè sta stringendo anche il suo, di braccio. Del mio quasi non me n'ero accorto.
Dovete andare via, ci dice. O forse ce l'ha solo con me. Per un attimo penso che riesca a vedere quello che io invento. La mia corte di demoni.
La paura.
E ne ha paura.
E vedo la mia mano carezzargli il viso. I miei demoni non sanno del mondo che esiste - di te- di lui, sanno solo di me. Non possono farti nulla, non temere, è solo strano che tu possa vederli. Ma dalla tua hai quello che io non ho. La salvezza della follia.
Dovete andare via, ci dice. Adesso stringe più forte.
E vedo la mia mano chiudersi in un pugno. E colpire il suo viso. Lo vedo cadere. Io sopra di lui. Continuo a colpire. Ancora. E ancora. Colpire.
Sul suo viso una maschera. Di lacca rossa. E io voglio ucciderlo. Perchè ha violato il mio tempio. Mentre le porte erano aperte sul mio regno.
Ma le mie gambe tremano e gli chiedo di sederci. Non fa che scusarsi. E di cosa, gli chiedo. Non è mica colpa tua, dico.
Va tutto bene, mento. Ma credo lo capisca.
Io voglio restare. Vi prego fatemi restare.
Ma sono sordi i miei demoni. Mi stanno trascinando via. Opporsi è inutile.
Di quel giorno non posso dimenticare quella mano che si poggia sul mio ginocchio. La sua. Due volte.
Forse vede i miei demoni. Perchè ne ha di suoi.
Forse sente la mia paura.
O forse il suo è un gesto come un altro. Dettato dal momento.
Mi turba, adesso, il pensiero della sua indifferenza.

me
[...and all that I know is blowing like tumbleweed ...]

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